martedì 28 aprile 2009

Vietato non indignarsi: i numeri e non solo, della vera casta italiana


La grave e profonda crisi che attraversa il mondo non solo ha dato sfogo a nuove forme di paura e sfiducia, ma anche ha generato un nuovo nemico numero uno globale: i manager. Dagli Stati Uniti di Obama alla Germania di Angela Merkel, pur se con metodi differenti, si attuano politiche che nel mirino hanno un obiettivo comune, ovvero affrontare il malfunzionamento dei meccanismi di autoregolazione che dovrebbero essere una virtù del capitalismo. Si prevedono tetti agli stipendi d’oro di quelle imprese che grazie al denaro pubblico hanno potuto raggiungere un equilibrio e si auspica la fine delle stock option. Provvedimento neanche più di tanto invasivo diranno coloro che strabuzzarono gli occhi davanti ai 161,5 milioni di dollari come buona uscita offerti a Stan O’Neal, direttore della Merril Lynch. Ma questo è il teatrino del capitalismo al quale lo spirito dei nostri tempi ci permette di assistere: le borse scendono, le buste paghe dei manager crescono senza alcun rapporto con il costo della vita e con i progressi delle aziende, ma le retribuzioni medie dei lavoratori invece non salgono. E sono i numeri di questo spettacolo che fanno impressione ed è impossibile reprimere una qualsiasi forma di reazione. Ci sono viaggi che ti portano da una parte all’altra del mondo, e ci sono invece viaggi particolari,di quelli che si intraprendono con gli occhi seguendo il cammino di un libro, e pagina dopo pagina impari realtà nuove. “La paga dei Padroni” rientra in questa categoria di viaggio il quale avviene nella storia e nei numeri del capitalismo all’italiana, raccontato attraverso le retribuzioni dei manager e dei loro padroni, basato su dati pubblici e ufficiali secondo una logica economica ma dalla quale traspare la convinzione che alla base di ogni fatto economico ci sia sempre una questione etica. Gli autori di questo libro, Giorgio Meletti e Gianni Dragoni, introducono i lettori nell’universo della poca trasparenza dei banchieri, o dei “signori del credito” ovvero i manager più pagati come Corrado Passera e Alessandro Profumo(Unicredit e Banca Intesa),delle famiglie che contano e le loro imprese, i Pesenti, i Ligresti, i Romiti, i De Benedetti. Tutte accomunate da un fattore: stipendi d’oro,manifestazione di un nuovo potere politico,ben amalgamati tra stock option e dividendi, e mescolati da risultati deludenti e titoli in Borsa che crollano. Il libro riporta anche interessanti punti di vista che spesso giocano il ruolo di controparte rispetto ai manager strapagati, come ricercatori o autori di altri libri rivelazione statunitensi, dove la formula “stipendio senza risultati” si palesa frequentemente, o degli stessi interessati che inconsapevolmente rispondendo a domande come “Ma non si sente in imbarazzo nel ricevere uno stipendio del genere nonostante il periodo di crisi?” non nascondono un visibile disagio. Poi il viaggio continua nelle vicende e storie dei nuovi arrivati Berlusconi, simpaticamente definito Sua Emittenza,i Benetton, i Caltagirone. Ne risulta un mondo opaco in cui la meritocrazia viene meno nel modo più evidente possibile, in quanto prevale l’obbedienza e il rango piuttosto che gli studi e la formazione, come viene riportato da una recente ricerca della London School of Economics: il modello vincente è quello della fedeltà e non quello dei risultati migliori dei manager, ormai esperti dei compensi stellari. Un mondo in cui è auspicabile generare ricchezza investendo, innovando e rischiando ma la maggior parte delle aziende lo evita.L’analisi della persona-manager è preoccupante, ed è giusto che la loro figura sia sottoposta ad un’opera di ridimensionamento: non solo per loro la colpa degli errori è sempre proveniente da altro, che sia il contesto politico o internazionale, ma anche, come dice con leggerezza Warren Buffett della Holding Berkshire Hathaway, i superstipendi sono una conseguenza della dipendenza dei comitati per le remunerazioni dai dati comparativi, ovvero una logica della statistica molto simile al capriccio di un bambino: “Ma mamma tutti gli altri ce l’hanno!!!”.
Un mondo dove le regole del potere prevalgono su quelle dell’economia, delineando la mostruosa forma di una casta (forse quella vera?) che nel 2008 ha fatto sì che le famiglie italiane che hanno investito i loro soldi nelle aziende italiane quotate in borse perdessero 40 miliardi di euro, una somma 10 volte superiore ai 4 miliardi di euro l’anno, ovvero i costi della politica che tanto hanno appassionato il nostro paese.

Virginia Bagnoli

Nessun commento:

Posta un commento